giovedì 20 gennaio 2011

Il labile confine tra esercizio e abuso del diritto: l'abogado Koller

Il diritto della Unione Europea è ricco di principi e regole che attribuiscono numerosi diritti ai i singoli individui, persone fisiche.
Uno di questi è il diritto alla libertà di stabilimento ossia, in breve, la facoltà, per chiunque sia cittadino dell' Unione ed eserciti una attività professionale autonoma in uno Stato membro di "prendere su tutto" e spostarsi in un altro paese membro nel quale continuare ad esercitare la medesima attività economica o iniziarne una nuova alle stesse condizioni dei cittadini del paese di arrivo. 

Questa facoltà è fondamentale nell'ottica europea di creazione di un mercato unico del lavoro e di integrazione fra i popoli degli Stati membri. Per questo motivo non può essere limitata in alcun modo se non per ragioni specifiche (ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica ) che, in quanto eccezioni, vanno interpretate restrittivamente.
Gli Stati sono obbligati, oltre a garantire che tali soggetti "migranti" siano trattati alle stesse condizioni dei propri cittadini, rimuovendo quindi tutte le norme eventualmente discriminatorie verso di essi, anche a non ostacolare l'esercizio di tale libertà, in alcun modo, attraverso norme o pratiche che, anche se apparentemente di applicazione generale, in realtà si risolvono in una discriminazione in quanto comportano, di fatto, oneri maggiori per gli stranieri che esercitano una attività. 
Ciò può avvenire ad esempio con aggravamenti burocratici ingiustificati o con la previsione di detrazioni fiscali solo per i domiciliati da un certo tempo nello Stato. 
Un particolare profilo, che qui mi interessa particolarmente, riguarda il riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche professionali tra i vari paesi. In molti Stati infatti l'esercizio di una determinata professione (es. quella di medico) è subordinato al possesso di un certo titolo di studio (es. la laurea in medicina e chirurgia) che attesti un "percorso formativo" di una certa durata e qualità nonchè, spesso, condizionato all'iscrizione ad un albo professionale. Questo vale per numerose categorie di "liberi professionisti", tra cui anche gli avvocati.
In altri paesi è ben possibile che le condizioni previste per l'esercizio di una medesima professione siano più o meno rigorose.
Il problema è: come dimostrare l'adeguatezza e le sufficiente preparazione dei liberi professionisti migranti (che esercitano il diritto di libertà di stabilimento), rispetto ai problemi che pone la professione, quando arrivano da paesi nei quali, ad esempio, le condizioni per l'accesso a quest'ultima sono più "lasche" o meno esigenti ?
Schematizzando, le soluzioni possono essere diverse. Si può ipotizzare, innanzitutto, una "armonizzazione" nei Paesi degli stessi percorsi formativi e dei titoli di studio rilasciati al loro termine. Ed è questa la via che è stata seguita in alcuni settori, tra cui quello medico. Pare ovviamente la strada migliore e più semplice, ma non sempre risulta possibile.
In secondo luogo, potrebbero essere resi "equivalenti" semplicemente i titoli, cioè si potrebbe ritenere che in ciascun paese un determinato "diploma" (es laurea) corrisponda ad ogni altro rilasciato, per quella materia, da una istituzione di istruzione di "ultimo grado" (es università). Questi titoli equivalenti dimostrerebbero, presupponendola, una capacità comunque sufficiente del soggetto dimostrando che ha seguito un percorso e ottenuto una formazione di un certo tipo.
In terzo luogo, in mancanza completa di uniformità, è possibile che venga fatta una valutazione in concreto, da parte delle autorità amministrative dello Stato "d'arrivo", delle conoscenze reali del soggetto che richiede di poter esercitare una determinata professione all'interno di esso.
E' quest'ultima la via che deve obbligatoriamente essere seguita quando vengono in gioco interessi pubblici ulteriori a quello del professionista implicati nell'esercizio della professione, ad esempio il buon andamento della giustizia nel paese che accoglie stabilmente il lavoratore. Gli avvocati stranieri che vogliono esercitare in Italia, devono avere una "conoscenza approfondita del diritto nazionale" e sono previste delle verifiche sulla loro formazione: la competenza va valutata tenuto conto del loro percorso di studi in un altro Paese membro, ma il riconoscimento del titolo è subordinato al sostenimento di una prova attitudinale. In ogni caso, in ossequio al divieto di ostacolare la libertà di stabilimento, questa non dovrà essere sproporzionata rispetto all'obiettivo, pena la sua illegittimità.

Detto questo: come va valutata la prassi degli aspiranti avvocati in tutta Europa di recarsi in Spagna per terminare, ad esempio, gli ultimi due anni di studi in giurisprudenza e, conformemente alle norme di quel paese, divenire avvocati ("abogados") come conseguenza diretta della laurea, senza la necessità di sostenere nè un praticantato formativo nè il difficile esame di Stato per la abilitazione all'esercizio della professione, per poi tornarsene nel loro Paese di origine e lì pretendere, esercitando il diritto di libertà di stabilimento, di praticare la professione alle stesse condizioni degli avvocati "nazionali", che hanno compiuto il percorso più lungo e complesso?
Una recentissima sentenza, 22 dicembre 2010, della Corte di Giustizia dell'Unione Europea è intervenuta sul punto sancendo la illegittimità del rifiuto da parte della amministrazione austriaca di ammettere il signor Koller (cittadino austriaco laureatosi in Spagna, dove aveva trascorso solo gli ultimi due anni di università, e divenuto quindi "abogado" in quel Paese) a sostenere la prova attitudinale per essere abilitato ad esercitare anche in Austria, oltrechè in Spagna.  La motivazione addotta dalla autorità austriaca per tale rifiuto era l'intento "evasivo" di Koller il quale avrebbe voluto aggirare l'obbligo di tirocinio di ben 5 anni, nonchè il successivo esame di Stato previsti dalla normativa austriaca (ma non da quella spagnola!). Questo "intento abusivo non è stato provato e perciò la Corte ha statuito che Koller dovesse essere ammesso a sostenere la prova attitudinale e, se superatale, avere accesso alla professione di avvocato in Austria.
La Corte ha quindi legittimato la "via spagnola" in un ottica di maggiore integrazione europea.
Certo resta ben nitido lo spettro del c.d. abuso legale del diritto della Unione Europea. Ci si chiede infatti, in parole povere, se la possibilità legittima di "andare in Spagna (dove è più facile) e poi tornare" sia effettivamente l'esercizio di un diritto o non piuttosto l'apertura di una porta per i fannulloni.

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14 commenti:

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  2. la via spagnola è perfettamente lecita

    http://www.altalex.com/index.php?idnot=12847

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  3. Ma quale "spettro del c.d. abuso..." la Corte non ha "in un certo senso legittimato", ha ribadito in maniera chiara la legittimità del titolo spagnolo che garantisce una formazione supplementare. Leggere la sentenza, per favore..

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  4. la sentenza è stata letta e in concreto il sig Koller ha seguito questo percorso: laurea di 4 anni in giurisprudenza a Gratz in Austria nel 2002+ biennio di esami in Spagna per ottenere una omologazione in quel paese ed essere "Licentiado en derecho", cioè laureato in Spagna in giurisprudenza nel 2004+nello stesso anno, conformemente alla legge Spagnola è stato riconosciuto avvocato in Spagna+dopo 3 settimane di impiego esercizio della professione sempre in Spagna chiedere di essere ammesso a sostenere le prova attitudinale in Austria e di essere esentato da tutte le materie di quella prova in quanto sufficientemente esperto di diritto austriaco...percorso totale di circa 6-7 anni...
    Se il sig Koller avesso continuato in Austria dopo i 4 anni x la laurea, avrebbe dovuto fare un praticantato obbligatorio di 5 anni e poi l'esame di Stato (difficile)...tempo minimo totale 9-10 anni se non di più..
    A conti fatti Koller ha risparmiato come minimo 2 anni rispetto ai suoi colleghi austriaci...quindi a mio parere lo "spettro" dell'abuso rimane..come ho detto non è stato provato in questo caso...

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  5. Si ma converrai che se uno si serve delle direttive per esercitare diritti da esse garantiti ( studiare ed acquisire qualifiche professionali in altro Stato Membro ) non può esserci abuso..

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  6. convengo pienamente, infatti il tema che volevamo portare alla luce in questo articolo era proprio ciò che tu hai messo in evidenza: qui siamo di fronte ad un "abuso" legale consentito pienamente dalle norme del diritto della Unione Europea. Il caso Koller che ho portato era un esempio per evidenziare come, a volte, l'esercizio di un diritto possa portare a delle differenze anche notevoli (2-3 anni non sono pochi...) tra soggetti che svolgono la stessa professione; ma tali differenze sono giustificate dal diritto della Unione e quindi, come ha precisato la corte, niente da dire.
    Ma così come in argomento diplomi si parla di "abuso" legalizzato anche riguardo al libero stabilimento delle imprese o di libera circolazione delle persone...è questo un argomento trasversale che a mio parere diverrà centrale nel prossimo futuro e credo debba essere valutato con prudenza perché è innegabile che qualche problema lo possa porre a livello di tutele nazionali, non dimentichiamoci che l'Ue non è una federazione, anzi...

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  7. x duemacchie
    non è un abuso legale.
    il sig. koller ha sostenuto degli esami aggiuntivi in spagna rispetto alla propria lurea (di solito sono una decina di esami) quindi ha ottenuto una formazione aggiuntiva.

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  8. ma grazie a questa formazione aggiuntiva, non ha ottenuto la omologazione della laurea in Spagna? e non è divenuto "abogado" senza dover seguire il praticantato di 5 anni previsto dalla legge austriaca per essere ammessi a sostenere l'esame di Stato x l'avvocatura? e non ha poi chiesto, in virtù di tale qualifica in Spagna che gli fosse riconosciuta anche in Austria sostenendo una semplice prova attitudinale (per la quale tra l'altro ha chiesto di essere esonerato in tutte le materie)?
    io guardo i fatti e in concreto vedo che Koller ha seguito una strada particolare, "diversa" per divenire avvocato in Austria. E così come lui molti altri soggetti in vari paesi, compresa l'Italia. Se cerco sul web trovo offerte di acquisto di "pacchetti formativi" x diventare avvocati in Spagna e ottenere la omologazione del titolo e qualifiche...
    nel caso Koller, lo ripeto, NON C'È STATO ABUSO secondo la Corte...ma, lasciando da parte questo singolo caso, tema dell'abuso legale è più vasto di questo singolo caso e si traduce, fondamentalmente, in un problema di prova...quest'ultima molto difficile visto che bisognerebbe provare una intenzione elusiva dei soggetti che esercitano un diritto(ed è per questo che si dice legale,appunto consentito dal diritto)!

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  9. cerco di spiegarmi meglio, quello che intendo quando parlo di "abuso legale" è questo:
    se mi metto nei panni di un professionista austriaco che ha seguito la via "canonica" per divenire avvocato non posso non chiedermi se sia "giusto" che esercitando un diritto si giunga più "facilmente" e in meno tempo alla mia stessa professione...penso che in tutto ciò ci sia qualcosa che non va
    se mi metto nei panni del sig Koller invece, giustamente, dico che sto esercitando un diritto e che non sto cercando di "aggirare" la normativa austriaca...quello che ho fatto è perfettamente legale (e la corte lo ha confermato)
    proprio la discrasia tra questi due punti di vista quello "nazionale", lecito, e "comunitario", pure lecito, è l'oggetto di un possibile "abuso del diritto" che, in quanto lecito, chiamo "legale"...

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  10. La via spagnola è perfettamente lecita. La sentenza Koller sancisce la totale legittimità della via spagnola. Sbaglia chi parla di parziale legittimità perchè altera il testo della sentenza.
    In più si sancisce che nessuna pratica spagnola è necessaria in Spagna per poter essere iscritti in Italia (o altro Paese UE) in uno degli ordini nazionali.
    L'ordine che non iscriva un abogado commette violazione del diritto comunitario e rischia di essere sanzionato e condannato anche a risarcire i danni.
    Questa è la verità e sarebbe ora che il testo della sentenza Koller venisse riportato dai giornali, dai siti internet e dal CNF per intero.

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  11. Ma che fannulloni chi lo sostiene è poco preparato... forse il noto cassazionista - raccomanadato.
    Quanti sono gli avvocati italiani (nell'era della globalizzazione) a conoscere due o tre lingue? Non è certo un demerito conoscere un altro sistema giuridico.
    Forse il punto è proprio questo. In Italia l'unico abuso che ho visto è l'esame di Stato per Avvocati. Nessuna correzione, nessuna spiegazione, tutti i compitini uguali !!!!!
    La ratio è evidente, vogliono persone poco preparate così è più agevole vincere?!
    L'avvocato di provincia --... quello dedito ai paraurti ... è tramontato , ma non per tutti evidentmente.
    W l'Europa. E tenetevi l'italietta.
    f.to abogados anzi avvocato (abilitato in spagna). Grazie Koller

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  12. Grazie a koller, la negazione dell'iscrizione agli ordini sarà oggetto di richiesta di risarcimento danni all'ordine di prima istanza ed ai consiglieri tutti che non si astengono. risarccimento per ogni anno di mancato lavoro e reddito. tutti responsabili a titolo personale. Qualcuno propone anche istanze alla Procura della Repubblica per omissione astti di ufficio e discriminazione tra cittadin i e titoli comunitari. Denunce da presentarsi sia in italia che in spagna.
    Io proporrei anche una classa action.

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  13. Questo è un blog di studenti e non di cassazionisti-raccomandati i(purtroppo o per fortuna:-))
    Si presentano dei contenuti in modo più possibile neutrale, completo e preciso. Gli articoli sono indirizzati a tutti, non solo agli addetti ai lavori.
    Qui si è voluto presentare un problema (che c'è stato, sennò non si avrebbe una sentenza a riguardo), senza trarre conclusioni fornendo informazioni e spunti di riflessione.
    Personalmente ritengo che sia benvenuta l'Europa e la multiculturalità degli operatori, spero che da questa sentenza nascano nuove possibiltà e sviluppi positivi...
    Siamo contenti di aver suscitato un certo dibattito. Grazie

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  14. Buongiorno,
    da poco mi sono recato a Londra e ho comprato un abito D&G pagandolo 250 euro.
    Da me a Sassari costa 1000 euro.
    Cari amici giuristi....
    ho commesso un abuso di diritto comunitario?
    vi prego rispondete perchè sono preoccupato...
    Fabrizio Mureddu

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